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Claudio Salvi una presenza assordante Sequenze, Anterem.

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Claudio Salvi ... ‘una presenza assordante’
“Sequenze”, silloge poetica edita da Anterem Edizioni 2022

In primis c’è la pagina bianca appena ombrata dalla mano che scrive, un fil di penna sottile, quindi l’inchiostro che non macchia, che non lascia sbavatura alcuna, che non allude ad alcun colore, quasi assente nella sua infinitesima corposità, e che pur traspare la presenza di un pensiero latente che si posa – quasi per caso – sulla superficie. “Quasi emergesse dal fondo di una purificazione”, scrive Giorgio Bonacini nella sua post-fazione, alla cui nota va aggiunta un’altra riflessione che espone l’autore, Claudio Salvi, ad una cercata assenza/presenza assordante …
“e non sapere / senza parole / […] adesso so che / parola preme non dire”
Se la parola ha un senso, se diamo ad ogni parola un senso, siamo qui messi di fronte a una parola mancante, che l’autore non dice, che non ha bisogno di dire, frutto di una sorta di melanconia sopraggiunta, albeggiata dietro un amore perduto (?) o, forse un sentimento non appagato (?) chiuso su se stesso, devitalizzato dall’esperienza di un vissuto che preme da lontano …
“preme lontano da lontano / parola / preme basta – / parole suono / mano”
Quella mano che un giorno ha incominciato a scrivere sulla pagina bianca, riproponendosi in un gesto onomatopeico, imitativo di un pensiero che ritorna, e che “preme, fa premura” in costante attesa “come se fosse vedi / per ricordo”. Ma i ricordi si sa vengono dal passato e raggiungono il presente, giammai sono proiettati nel futuro, per quanto entrino in noi in forma di corrispondenze, di configurazioni, di possibilità …
“non ti vedo e vorrei / mancano le cose viste insieme, ti chiedo di aspettare”
Ha dello straordinario il ‘senso’ che si dà alle parole quandanche isolate non sembrano voler dire nulla, quandanche il nulla di per sé non esista, esiste il vuoto dei pensieri, della mente riposta, della freudiana memoria inconscia, “non so quando chiami mi giro come se abitassimo insieme” …
“intanto che aspetto guardo la finestra, i nuvoli hanno forma come da noi in estate”. […] “sono una macchina di parole”.
Siamo macchine di parole fin troppo spesso buttate giù alla rinfusa da apparire senza senso, quando invece un ‘senso’ ce l’anno, lo devono avere, sempre. Claudio Salvi non è poeta che si espone alla rinfusa ma l’altra faccia della melancolia idealizzata, l’auto-rimprovero di sensi di colpa, caratterizzato dalla presenza/assenza che l’ha condotto a scrivere in forma poetica, nel modo che più si addice a un potenziale narratore che ‘frammenta’ le frasi, che ‘aggira’ gli ostacoli della lingua scritta per dare figurazione ai vuoti (nella pagina) che non si riempiranno mai …
“aggira l’ostacolo, ogni deviazione descrive un segmento, è analisi di figura a proposito di frammento, ogni segmento […] disegna una linea, non colma la distanza”
Vuoti che dicono, vuoti di parole omesse, dimesse dal senso, che non parlano, che nell’assenza della sottomissione, lasciano percepire la presenza assordante della propria voce, di colui che nell’assenza riempie il vuoto di parole, di un soggetto ideale più probabile di una presenza, idealizzazione essenziale di una reazione alla mancanza di una separazione affettiva: “chi ama indica una preferenza” …
“dal buio non metto insieme chiarezza, io penso se guardo una finestra che vedono dentro”
Nel cercare una definizione poetica che rispecchi il pensiero significante di Claudio Salvi va fatta distinzione, fra parola e pensiero, fra senso e sentimento, che spieghi un perché, pur nell’ottica di una possibile contraddizione: l’aver dato voce all’”altro incommensurabile” che è in ognuno di noi, che ci accomuna tutti nel prescindere da ciò che non capiamo, che non vogliamo intendere perché scomodo, o forse solo complicato, se non addirittura pesante …
“si parlerà d’altro senza fine finché / non può essere data se non per ciò che dà”
Come voler cercare un pretesto, o forse una ragione, una qualche risposta agli interrogativi della vita, quella stessa che si era detto: “albeggiata dietro un amore perduto (?) o, forse un sentimento non appagato (?), un pretesto dunque …
“pretesto – ragione apparente di cui ti servi per nascondere un disegno”
Allorché la pagina si apre e ci si accorge ch’è rimasta bianca, appena ombrata dalla mano che scrive, un fil di penna sottile, d’inchiostro che non macchia, che non lascia sbavatura alcuna, che non allude ad alcun colore, quasi assente nella sua infinitesima corposità, ma che pur traspare alla presenza di un pensiero latente che si posa – quasi per caso – sulla superficie …
“non ancora educato segna la casa di numeri, la musica non è che un abito della matematica”.

L’Autore.
Claudio Salvi milanese scrive. È questa la cosa che mi sembra più importante in questo momento in cui nessuno legge, onde lasciare un ‘segno’ della propria esistenza, della propria esperienza di vita.
Sue pubblicazioni inoltre:
gammm.org
nazioneindiana.com
vibrisse.wordpress.com
leparoleelecose.it
il cucchiaio nellorechio.it


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